La metafora degli alieni visti come migranti che provocano forti reazioni di xenofobia e mutamenti sociali nel luogo in cui approdano, sembra riportarci ad una fantascienza vecchio stile, dove la figura dell’alieno, capace di farci riflettere, permette allo spettatore di fare osservazioni e ragionamenti sull’attualità della società in cui vive.
District 9 è tutto questo, ma non solo: il linguaggio con cui viene affrontata la messa in scena è infatti innovativo (o meglio, raggruppa una serie di innovazioni degli ultimi anni) e assolutamente calzante. Gran parte delle riprese sono infatti in stile documentario, televisivo, simulano registrazioni di telecamere a circuito chiuso e video amatoriali presi da telefonino; e dove tutto questo non è possibile entra comunque in gioco la telecamera a spalla. L’effetto che ne scaturisce è di assoluta verosimiglianza e immedesimazione sopratutto verso la seconda metà dove le scene d’azione diventano sempre più in crescendo (…e senza sconti…). Gli effetti speciali sono disseminati ovunque e realizzati talmente bene da non rompere il difficile equilibrio tra riprese in stile volutamente non-cinematografico ed effetti digitali. Visione consigliata a tutti.
District 9 Recensioni à Go Go said
Ottobre 1 2009 @ 20:56
Sono d’accordo, la storia prende dalla sci-fi di cinquant’anni ma ci mette dentro un anti-eroe kafkiano da non poco 🙂