Pet Samatary ( l’errore ortografico è voluto) è tratto da un romanzo di Stephen King ed è forse ad oggi una delle migliori trasposizioni cinematografiche di uno dei suoi libri, contando anche l’abbondanza delle produzioni trash che prendono spunto da un suo racconto (film di generi diversi sempre tratti dai suoi romanzi hanno avuto sorte migliore, nell’horror la miriade di b-movies non è certo di conforto per lo scrittore). In un certo senso questo film nella sua povertà di effetti speciali (anche se il trucco e gli omicidi finali sono ben realizzati) e grossi colpi di scena è quasi un cult, sia per l’impatto di alcune rare scene ben fatte che per la tematica affrontata, così vicina al senso di disperazione causato dalla morte.
Non c’è certo da aspettarsi un film veloce, costellato di scene indelebili, ma più che altro un film abbastanza riflessivo e oscuro (nota di merito a mio parere le location utilizzate che danno un vero senso di desolazione). Molto bella la tecnica del flashback utilizzata, durante i quali il senso di insanità e sofferenza dei protagonisti viene evidenziata man mano che il film volge al termine.
Belle le musiche, molto dark, e personalmente do una strizzata d’occhio alla grande canzone dei Ramones (a rifletterci potrebbe anche essere inadatta) utilizzata nei titoli di coda, che è stata scritta apposta per questo film e porta lo stesso nome.
Nella media l’interpretazione degli attori e nota di credito soprattutto all’allora piccolissimo Miko Hughes, nella parte di Cage, un vero bambino prodigio dell’horror per aver prestato, nella sua inconsapevolezza infantile, una recitazione adattissima per un personaggio cattivo.
Stupendo il finale che evidenzia come l’uomo fino alla fine sia incapace di accettare la morte e si ostini per amore a voler andare contro le leggi della natura.
Tirando le somme forse Pet Samatary può lasciare il segno nello spettatore più per merito della storia (merito di Stephen King) che sotto l’aspetto tecnico (regia, il montaggio, scenografia,ecc) e a tratti il film potrebbe apparire lento in attesa dell’ottimo finale.
Concludendo: Mary Lambert riesce nell’intento di dirigere un film gustabile, seppur non esagerato, e rendere giustizia una volta tanto alle idee cartacee di un grande scrittore, portando sullo schermo un senso di malinconia e follia. Una visione è più che consigliata.